Professioni al bivio
Come l’IA sta riscrivendo il mercato del lavoro
L’avanzamento dell’intelligenza artificiale sta trasformando il mondo del lavoro in profondità, ridefinendo non solo le professioni tradizionali ma anche il concetto stesso di competenza. Il recente rapporto “Trends – Intelligenza Artificiale”, pubblicato nel maggio 2025, offre una lettura chiara di questa trasformazione: da una parte un’accelerazione nella domanda di nuove figure professionali legate alla tecnologia, dall’altra l’erosione di mansioni storicamente considerate stabili. Non è un semplice passaggio tecnologico: si tratta di un cambiamento strutturale che coinvolge aziende, lavoratori e decisori pubblici, ponendo interrogativi urgenti sul futuro delle competenze, sulla sostenibilità occupazionale e sulla coesione sociale.
Negli ultimi sette anni, negli Stati Uniti – come in molti paesi industrializzati – si è registrato un aumento del 448% delle offerte di lavoro nel settore informatico legate all’intelligenza artificiale. Nello stesso periodo, le posizioni prive di questo requisito sono diminuite. Questo dato parla chiaro: oggi le aziende cercano ingegneri specializzati, analisti di dati, progettisti di modelli intelligenti, ma anche esperti di sicurezza, normazione e impatti etici. È un trend che coinvolge anche l’industria europea. Un grande gruppo assicurativo italiano ha recentemente riorganizzato la propria direzione sinistri, introducendo una figura interna responsabile dell’analisi predittiva dei dati di polizza: un ruolo inesistente fino a pochi anni fa, ora cruciale per guidare le decisioni strategiche e ottimizzare i costi.
Al tempo stesso, l’intelligenza artificiale sta automatizzando un numero crescente di mansioni standardizzate, riducendo l’impiego di operatori nei settori amministrativi, contabili e del supporto clienti. Un’azienda manifatturiera del settore automotive ha dichiarato che, grazie all’introduzione di assistenti virtuali per la gestione documentale e la contabilità operativa, è riuscita a ridurre del 35% i tempi dedicati a compiti ripetitivi.
Tuttavia, anche ruoli ad alto contenuto professionale non sono più immuni: un medico, ad esempio, oggi può contare su sistemi che analizzano immagini diagnostiche con una precisione superiore alla media umana; un avvocato può consultare in pochi istanti l’archivio giuridico nazionale attraverso un’interfaccia intelligente; un docente può adattare la didattica a ogni singolo studente grazie a piattaforme che rilevano lacune e punti di forza in tempo reale. In tutti questi casi, il lavoro umano non sparisce, ma si riconfigura, richiedendo una nuova capacità di gestire, integrare e supervisionare la tecnologia. Questa trasformazione impone un cambiamento radicale anche nella formazione. Le imprese più lungimiranti stanno investendo con decisione in programmi di aggiornamento continuo, consapevoli che le competenze tecniche devono essere affiancate da abilità trasversali come il pensiero critico, la capacità di risolvere problemi complessi e la gestione del cambiamento. Un importante istituto bancario ha avviato nel 2024 un percorso di riqualificazione per oltre 800 dipendenti, orientato non solo a fornire conoscenze digitali, ma anche a sviluppare una maggiore flessibilità cognitiva e relazionale. L’obiettivo: preparare il personale a ruoli che ancora non esistono, ma che emergeranno nei prossimi anni.

Tuttavia, questa trasformazione non è esente da rischi. Il mercato del lavoro rischia di polarizzarsi: da un lato, professioni altamente qualificate e ben retribuite; dall’altro, una progressiva marginalizzazione dei ruoli ripetitivi e a bassa specializzazione. Se non affrontata con politiche adeguate, questa dinamica può generare tensioni sociali e allargare le disuguaglianze. Le imprese hanno una responsabilità importante nel promuovere un’innovazione inclusiva, in grado di offrire opportunità di crescita anche a chi oggi occupa posizioni più fragili. Un esempio virtuoso è rappresentato da una cooperativa logistica del Nord Italia che, invece di sostituire gli addetti al magazzino con macchine intelligenti, ha scelto di formarli per gestire e programmare i nuovi strumenti automatizzati, valorizzandone l’esperienza e garantendo continuità occupazionale.
Non mancano, infine, le nuove opportunità. L’intelligenza artificiale sta stimolando la nascita di microimprese e start-up in ambiti fino a ieri considerati maturi. Nella sanità, nell’istruzione, nei trasporti e nella finanza stanno emergendo soluzioni innovative che generano nuovi mercati, nuovi modelli organizzativi e nuovi bisogni. La crescente accessibilità degli strumenti intelligenti – oggi utilizzabili anche da chi non ha competenze tecniche avanzate – favorisce la sperimentazione e l’iniziativa, anche all’interno di contesti aziendali consolidati. Sempre più manager stanno adottando strumenti predittivi per migliorare la pianificazione strategica, ridurre l’incertezza e orientare le risorse in modo più efficace.
Il lavoro del futuro non sarà semplicemente automatizzato, ma aumentato dall’interazione costante tra uomo e tecnologia. Per affrontare questa transizione non bastano investimenti infrastrutturali: serve un cambio di mentalità, una visione sistemica che riconosca nella formazione, nella collaborazione e nella responsabilità sociale le leve fondamentali per un’evoluzione sostenibile. In un’economia dove il cambiamento è la nuova normalità, solo le imprese capaci di valorizzare il potenziale umano nella sua relazione con l’innovazione potranno affrontare con successo le sfide dei prossimi anni.
Tuttavia, anche ruoli ad alto contenuto professionale non sono più immuni: un medico, ad esempio, oggi può contare su sistemi che analizzano immagini diagnostiche con una precisione superiore alla media umana; un avvocato può consultare in pochi istanti l’archivio giuridico nazionale attraverso un’interfaccia intelligente; un docente può adattare la didattica a ogni singolo studente grazie a piattaforme che rilevano lacune e punti di forza in tempo reale. In tutti questi casi, il lavoro umano non sparisce, ma si riconfigura, richiedendo una nuova capacità di gestire, integrare e supervisionare la tecnologia. Questa trasformazione impone un cambiamento radicale anche nella formazione. Le imprese più lungimiranti stanno investendo con decisione in programmi di aggiornamento continuo, consapevoli che le competenze tecniche devono essere affiancate da abilità trasversali come il pensiero critico, la capacità di risolvere problemi complessi e la gestione del cambiamento. Un importante istituto bancario ha avviato nel 2024 un percorso di riqualificazione per oltre 800 dipendenti, orientato non solo a fornire conoscenze digitali, ma anche a sviluppare una maggiore flessibilità cognitiva e relazionale. L’obiettivo: preparare il personale a ruoli che ancora non esistono, ma che emergeranno nei prossimi anni.





