Pervicace volontà di trasformare Roma in Inferno Capitale
Antonio Mastrapasqua (nella foto), con il consueto acume, analizza l’Inferno Capitale sulla rivista Espansione (edicoladigitale.info).
C’è una pervicace volontà di fare della Capitale d’Italia un piccolo grande Inferno a cielo aperto. Dove non c’è congestione – dal traffico al rumore – tutti sono pronti a progettarla. Non basta più vedere lo scempio ricorrente al Pincio, dove si susseguono manifestazioni di ogni tipo, o sulla sottostante Piazza del Popolo, martirizzata da concerti, feste, allestimenti, maratone e maratonine, o l’inqualificabile degrado al Circo Massimo, sottratto ai turisti per assicurarlo a convegni ed esibizioni canore: presto vedremo la distruzione anche del quartiere Flaminio.
Chi non è romano dirà che non lo riguarda. Ma non è vero. Roma riguarda un po’ tutti gli italiani. Qualche anno fa proprio il Flaminio venne “nobilitato” dall’Auditorium Parco della Musica, opera architettonica di Renzo Piano, per l’innesto di un angolo di bellezza e qualità della vita che forse è stato uno degli ultimi sussulti di progettazione del bene comune nella Capitale. A poche centinaia di metri da questo nobile tempio della musica (e della convegnistica di qualità) dovrebbe sorgere il nuovo stadio di calcio della Lazio.
Nulla contro i colori bianco-celesti. Non si tratta di un provinciale contrasto di bandiere. Ma l’idea di vedere il futuro dello Stadio Flaminio risucchiato dal tifo del calcio è motivo di sconcerto. Innanzitutto, è giusto ricordare che stiamo parlando di un’”opera d’arte”. Lo Stadio Flaminio venne progettato dall’archistar (anche se allora non si usavano questi neologismi reboanti) Pier Luigi Nervi per le Olimpiadi di Roma del 1960, inaugurato l’anno prima, 1959, quando ancora si rispettavano impegni e si anticipavano le consegne.
Quasi abbandonato, secondo l’italica disabitudine alla manutenzione, ora se ne giustifica il recupero per affidarlo per 99 anni alla Lazio e alle partite di calcio della squadra, oggi di Sarri, ieri di Maestrelli ed Eriksson. Un quartiere tranquillo e civile viene candidato alla distruzione. Non ci sono parcheggi, se non per i residenti; c’è la direttrice di uscita ed entrata dalla città verso le Autostrade che già si intasa quando si gioca all’Olimpico; c’è un collegamento del trasporto urbano affidato a un tram che non funziona mai e che viene regolarmente sostituito da un bus che soffre di tutti i limiti del trasporto urbano su gomma.
Ciononostante, il sindaco Gualtieri ha dato il suo assenso alla richiesta del senatore Lotito, da vent’anni patron della Lazio. La stampa laziale (nel senso della fede calcistica, non del territorio regionale) non si sottrae all’entusiasmo e dice che “c’è ottimismo per la conclusione dell’operazione”. Ma ottimismo per chi? Certamente non per i residenti del quartiere, e nemmeno per gli automobilisti che transitano abitualmente verso corso di Francia e verso l’Autostrada del Sole, e ritorno. E non saranno nemmeno “ottimisti” i frequentatori dell’Auditorium, abitualmente in cerca di buona musica in un luogo tranquillo e rilassato.
Per ridare degna vita all’opera di Nervi, forse era meglio destinare nello stadio la pletora di manifestazioni che ingorgano Piazza del Popolo, che dista dallo stadio Flaminio meno di due chilometri, o quelle che si susseguono, diserbando Villa Borghese e il Pincio. Ma questo sarebbe normale in un mondo normale, dove la città – pardon, la Capitale d’Italia – riuscisse ad articolare le sue attività secondo una logica “win-win” come si usa dire, cioè dove tutti sono vincitori: residenti, turisti, melomani e calciofili, ciascuno al posto suo, senza pestarsi i piedi e senza innescare micce esplosive. Gli spazi non mancano a Roma, e non per forza tutto deve svolgersi nel centro.
Tanti anni fa molti criticarono l’assessore Nicolini per la sua estate romana, all’insegna dell’effimero e delle periferie. Beh, diciamolo, ci manca quella voglia di progettare cose nuove, con l’orgoglio di animare tutta la città – pardon, la Capitale d’Italia – senza l’ossessione di mettere la bandiera municipale solo nelle zone ztl, o in quelle a esse adiacenti.





