Lo sport va oltre il gesto tecnico, l’esperienza del Costone Siena
In ogni campo, pista, piscina o palestra, lo sport racconta qualcosa che va oltre il gesto tecnico. È competizione, certo, ma anche linguaggio sociale, educazione civica, allenamento alla convivenza. Dentro le regole del gioco si imparano il rispetto, la responsabilità, il valore del limite e quello dell’impegno. E quando lo sport incontra la solidarietà, il risultato non è solo un trofeo, ma una comunità che cresce: famiglie che si ritrovano, giovani che scoprono un ruolo, persone fragili che trovano spazio invece che barriere. Lo sport diventa così un presidio di benessere, capace di includere, prevenire, unire. Ogni volta che una società sportiva sceglie di essere anche presidio sociale, il campo smette di essere un perimetro: diventa luogo di cittadinanza attiva, memoria collettiva e cura del territorio.
Lo sport non è mai solo sport. È educazione, relazione, responsabilità collettiva. È un linguaggio che parla a tutti, senza chiedere un passaporto, un’età o un curriculum. E quando si fa carico di questa dimensione, smette di essere soltanto competizione per diventare presidio sociale. È ciò che accade a Siena, con l’esperienza del Costone e dell’associazione di promozione sociale Amici del Costone, realtà che hanno trasformato la pallacanestro in un progetto culturale, solidale e intergenerazionale.
“Lo sport non è solo punteggio o classifica, è una forza sociale capace di creare legami e proteggere chi è più fragile” spiega Valentina Cappelli, presidente di Amici del Costone. “Per noi il campo da gioco è un punto di partenza, non un punto di arrivo. Ogni attività che organizziamo ha un valore educativo: dai bambini delle Contrade agli adolescenti, dalle famiglie alle persone con disabilità. Il nostro obiettivo è far sentire tutti parte della stessa squadra, dentro e fuori dal parquet”.
Tra i progetti più significativi c’è il Baskin, disciplina che permette ad atleti con e senza disabilità di giocare insieme nella stessa squadra. Non uno sport “parallelo”, ma una forma di inclusione che usa la differenza come vero valore aggiunto. “Il Baskin è l’esempio più concreto di cosa significa rompere le barriere senza retorica — continua Cappelli — perché qui non si parte dal limite ma dalla possibilità”.
Solidarietà, però, vuol dire anche presenza nel momento del bisogno. Lo dimostra la recente lotteria benefica dedicata a Raffaele Marianella, autista del pullman che trasportava i tifosi del Pistoia Basket scomparso tragicamente durante una trasferta: il ricavato è stato devoluto alla figlia. Un gesto semplice, ma potente: sport come rete, non solo squadra.
Se il lavoro dell’associazione nasce dal basso, quello del club si muove su un piano più ampio, consapevole del ruolo pubblico che una società sportiva può assumere nel 2025. “Oggi essere dirigente sportivo significa andare oltre la gestione tecnica — afferma Andrea Naldini, direttore generale della VisMederi Costone Siena — una società sportiva deve diventare uno spazio aperto, un motore culturale, un luogo che produce benessere per tutta la comunità”. E aggiunge: “Lo sport ha una forza comunicativa unica. Coinvolge bambini, genitori, scuole, volontari, professionisti, tifosi. Se una società sportiva non si assume una responsabilità sociale, perde la parte migliore di ciò che rappresenta”.
Per questo il Costone ha scelto un modello che integra campo e territorio: progetti educativi, iniziative di prevenzione, formazione sul tifo consapevole, collaborazione con scuole, famiglie e associazioni. Non un club chiuso nella sua stagione, ma un organismo vivo che ascolta, connette, costruisce.
“Fare canestro è importante, ma ancora più importante è farlo tutti insieme — conclude Naldini —. Il nostro obiettivo non è solo vincere le partite, ma lasciare un segno in chi le vive”.
In un’epoca in cui lo sport professionistico corre spesso più veloce del contesto sociale che lo circonda, la storia del Costone dimostra che un altro modello è possibile: uno in cui agonismo e responsabilità civile non sono in conflitto, ma alleati. Perché lo sport, quando si assume il compito di educare, includere, proteggere e ricordare, non è più solo una disciplina. È una comunità in movimento.





