Come è Firenze in una intervista di Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia
Una bellissima pagina de La Nazione dedicata a Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia. Il professore parla del suo rapporto con lo statista e nell’ultima parte di Firenze. La giornalista gli chiede: E adesso che Firenze è? «Una città in transizione che subisce un profondo cambiamento. La globalizzazione ha portato capovolgimenti. C’è un aspetto che mi preoccupa».
Quale? «Stiamo perdendo l’identità e all’inizio non ce ne eravamo accorti. Di recente sono passato da via Sant’Antonino dove sono nato e non c’era più nulla. Solo kebab e cinesi. Non ho niente contro loro, ma le nostre botteghe che fine hanno fatto?».
Spadolini cosa direbbe «Sarebbe preoccupato come me, amava questa città. Avrebbe voluto fare il sindaco ma da senatore a vita non poteva pur se Umberto Cecchi voleva proporre una modifica alla legge. Diceva anche che a Firenze non si poteva avere successo, bisognava uscirne. A Mario Luzi ripeteva, ‘finché resti a Bella riva il Nobel non te lo danno’ e lui rispondeva ‘chissene importa, io almeno cammino lungo l’Arno’. La Fondazione però l’ha lasciata qua, né al Senato, né alla Bocconi. ‘Se mi spostano la Storia d’Italia diventa un’altra cosa’».
Eri con lui alla fine? «Si accorse che se ne stava andando e mi dettava le istruzioni. Quando chiuse gli occhi corsi a Firenze: il mio compito lì era finito ed era già iniziato il dopo».
Hai dedicato la vita a portare avanti le idee e la memoria di Spadolini. Temi che questo patrimonio possa dissolversi? «Spero di no, la Fondazione non è solo un’istituzione culturale, un insieme di libri e di quadri, ma un complesso di valori. lo ho avuto la fortuna di poter ‘sentire’. Occorre qualcuno con identica passione».
Tentato dalla politica mai? «All’offerta di Cossiga di fare il vicepresidente del suo partito risposi che avevo promesso a Spadolini che non sarei mai entrato in politica».
E di recente? «(Sorride). Sì, anche l’anno scorso, ma cosa vuoi… Era ovvio il no”.





