Il futuro delle pensioni e il ruolo delle Casse di previdenza secondo Mastrapasqua
Antonio Mastrapasqua, ex presidente dell’Inps, ha esposto un’interessante riflessione sulla rivista Espansione a proposito delle pensioni.
Sono molti i professionisti che si lamentano delle pensioni modeste che vanno a riscuotere alla fine della loro carriera. Nel loro caso le lagnanze non si possono rivolgere all’Inps. Ci sono una ventina di Casse di previdenza, in Italia, che svolgono in autonomia (le cosiddette Casse private o privatizzate) gli obblighi previdenziali di primo pilastro, per 1,7 milioni di soggetti che svolgono una professione ordinistica (dai medici agli ingegneri, dai commercialisti ai biologi).
Negli ultimi quindici anni più di una Cassa (o ente previdenziale autonomo) è stata “inglobata” nell’Inps perché erano venute meno le condizioni di equilibrio del bilancio: prima l’Inpdai, poi l’Ipost e infine l’Inpgi. E prima ancora era toccato allo Scau. Quelle rimaste devono assicurare le prestazioni previdenziali ai loro iscritti, mettendo a frutti i contributi incassati. In questi mesi – in realtà è un approccio ormai consolidato – si sono viste molte Casse agire nell’agone del risiko bancario, nei casi Mediobanca-Generali, Banco Bpm-Unicredit e via dicendo: Enpam, Cassa Forense, Enasarco, Inarcassa (e non solo) hanno comprato e venduto quote azionarie in vista di queste e di altre battaglie della piccola finanza italiana. Tutto lecito. Ma opportuno? E’ opportuno partecipare a stagioni fortemente speculative per assicurare i migliori rendimenti per produrre le prestazioni previdenziali più adeguate ai propri iscritti?
Se non fosse “speculazione finanziaria” potrebbe anche essere “amichettismo”: il neologismo ammesso da un anno dalla Treccani sta a significare “il comportamento di chi, generalmente da una posizione di potere e di prestigio, favorisce i propri seguaci”. Se fossero parenti sarebbe nepotismo.
Ma è questa la missione delle Casse di previdenza? E il loro orizzonte temporale non dovrebbe essere visto nell’ordine di qualche decennio, non di qualche settimana? E ci sono le competenze adeguate per scegliere le opportune asset allocation?
Qualche risposta viene dalla recente analisi condotta dalla Commissione bicamerale di vigilanza sugli enti previdenziali. “Nell’attività di investimento delle Casse si registra un forte coinvolgimento degli advisor. Tale coinvolgimento, dovrebbe peraltro supportare le Casse nella definizione di politiche di investimento che tengano conto delle differenti specificità delle platee di riferimento, che pure esistono, essendo correlate a diverse categorie di professionisti. Tuttavia, dall’indagine è emersa una certa omogeneità delle politiche di investimento, che sembra quindi non essere in linea con tale premessa”.
Non solo. I rendimenti, che dovrebbero essere ottimizzati da questo ricorso massiccio agli advisor, non sembrano invece offrire spunti significativi. Tant’è vero che “i rendimenti cumulati dei BTP (30 anni, rendimenti lordi a scadenza) pari al 14,82% sono superiori ai rendimenti cumulati medi contabili lordi realizzati dalle Casse (pari al 13,32%)” si legge sempre nella relazione della Commissione Bagnai.
Insomma, tanti advisor da pagare, poca differenziazione di investimenti, in relazione alle platee, modesti rendimenti, in linea con quelli offerti dai titoli pubblici. Con severità la relazione non trascura anche il tema dei “compensi” (gettoni di presenza) “percepiti dai soggetti (frequentemente i componenti del Consiglio dei delegati/C.d.A.) indicati dagli Enti per la partecipazione negli Advisory board/comitati consultivi. Tali compensi, sebbene finalizzati a favorire il controllo sull’andamento gestionale, assumono importi non marginali che potrebbero andare a discapito del perseguimento del miglior interesse degli iscritti, ossia della selezione dei migliori prodotti finanziari in termini di rischio/rendimento e connessi costi”.
Forse qualche riflessione sarebbe utile, soprattutto per rassicurare i professionisti che non possono scegliere: il loro futuro previdenziale è nelle mani delle Casse.





