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Manifestare sì distruggere no, la violenza non è militanza politica

“Manifestare sì, distruggere no” scrive su Instagram il parlamentare del Pd Marco Simiani. Così facendo si dà ragione al vicepresidente del consiglio Matteo Salvini (nella foto) che vorrebbe spianare con le ruspe i centri sociali.

È necessario affermare con chiarezza che la violenza non può e non deve essere considerata una forma di militanza… A Torino, dopo lo sgombero del centro sociale Askatasuna, si è assistito a una giornata che nulla ha a che fare con il diritto sacrosanto di manifestare. Un corteo partito con famiglie, bambini in spalla, cartelli e striscioni, “Torino partigiana”, “Que viva Askatasuna”, si è trasformato in scontri violenti con le forze dell’ordine. Il bilancio parla chiaro, undici agenti feriti, colpiti da bottiglie, pietre, bombe carta artigianali e fuochi d’artificio. 

Cassonetti incendiati, barricate, una città ostaggio della violenza. La violenza va sempre contro i cittadini. Manifestare è un diritto costituzionale, ma distruggere automobili, danneggiare negozi o colpire poliziotti, carabinieri e finanzieri che fanno il loro dovere non è accettabile. Su questo ha ragione il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, quando afferma:

“Nulla può giustificare la violenza e i danneggiamenti. Sono comportamenti inaccettabili che violano la legalità e compromettono la credibilità e il senso stesso delle rivendicazioni”.

Condivido pienamente queste parole.

La sinistra, quella vera, che ha nel proprio DNA la partecipazione, l’inclusione e il confronto, deve avere il coraggio di dirlo con chiarezza, no alla violenza, sì ai luoghi di aggregazione.

Abbiamo bisogno di spazi in cui ragazze e ragazzi possano incontrarsi, discutere di politica, confrontarsi, crescere culturalmente e umanamente. Luoghi in cui porre le grandi domande sul futuro del Paese, dell’Europa e del mondo. Ma questi spazi devono essere legali, riconosciuti e trasparenti, non occupati e imposti contro le istituzioni e contro la città.

Quello che non serve, e che non possiamo più difendere, è l’idea che la violenza sia una forma di militanza. Non serve scagliarsi contro le forze dell’ordine, non serve distruggere pezzi di città per “finire sui giornali”. Questa non è politica, è l’esatto contrario della responsabilità civica, che dovrebbe essere il primo valore di ogni cittadino e, a maggior ragione, di chi si richiama alla sinistra.

Questo non significa rinunciare al confronto sociale né smettere di manifestare. Anzi, i giovani devono scendere in piazza, portare le proprie idee, le proprie speranze, le proprie battaglie. Ma tutto questo non può avvenire a discapito di chi vive nelle città, di chi ogni giorno costruisce comunità e relazioni.

Per questo oggi serve dire basta. Basta a chi cerca lo scontro fisico come se fosse uno svago del weekend. 

Basta a chi confonde la rabbia con l’impegno politico.

La nostra responsabilità è un’altra, creare spazi di legalità, confronto e partecipazione, pretendere che la sinistra prenda posizione con fermezza contro chi tradisce i suoi valori, tornare a fare politica vera. Le battaglie per il riconoscimento dello Stato di Palestina, contro le disuguaglianze, per aiutare chi ha bisogno, per i diritti e per la giustizia sociale non si vincono con la violenza, ma con l’organizzazione, il dialogo e il coraggio delle idee.

Se vogliamo davvero cambiare questo Paese, dobbiamo farlo con la politica, ma soprattutto con la partecipazione civica e civile.

Manifestare sì distruggere no, la violenza non è militanza politica

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